Valide le presunzioni di presunzioni (o presunzioni a catena) dice la Cassazione

E’ destituito di fondamento il divieto di basare un’inferenza presuntiva su un fatto il cui essere noto è, a sua volta, il risultato di un’inferenza presuntiva che muove da un distinto fatto noto. A tale proposito si parla anche di doppie presunzioni, di presunzioni di secondo grado ovvero di presunzioni a catena.

Il divieto di presunzioni a catena non ha basi di diritto positivo e rinviene la propria persuasività residuale proprio nel rinvio ad una massima dell’antica sapienza. Nella giurisprudenza di questa Corte esso è usato piuttosto nelle occasioni in cui si constata la scarsa idoneità inferenziale di determinati elementi, mentre sono sempre più frequenti le affermazioni di ordine generale secondo cui nel sistema processuale non esiste il richiamato principio praesumptum de praesumpto non admittitur, poichè esso non è riconducibile nè agli artt. 2729 e 2697 c.c., nè a qualsiasi altra norma, cosicchè nulla impedisce che il fatto noto, accertato in via presuntiva, possa costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea a fondare l’accertamento del fatto ignoto.

Soprattutto, il divieto di presunzioni di secondo grado urta contro la logica, poichè implica che si considerino fatti noti in sè, cioè, dotati di una qualità dell’essere conosciuti che si presenterebbe come originaria e indipendente dalla mediazione cognitiva del soggetto. Tale qualità – non è del tutto precisabile come – si manifesterebbe immediatamente alla persona che conosce. In realtà, non vi è mai una conoscenza immediata, che non si basi sulle precedenti esperienze cognitive del soggetto e, quindi, su inferenze. Nel significato ascritto all’espressione presunzioni “di secondo grado”, la conoscenza è, infatti, sempre di secondo grado e consiste in una permanente opera di diradamento dell’oscurità e dell’incertezza, che muove da fatti meno oscuri per argomentare ragionevolmente un giudizio sull’esistenza di fatti più oscuri, attraverso una costruzione inferenziale.

Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza del 27.11.2023, n. 32829

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