Accesso civico generalizzato: non si guarda la situazione soggettiva del richiedente (art. 12 preleggi).

L’accesso civico generalizzato introdotto nel corpus normativo del D.Lgs. n. 33 del 2013 dal D.Lgs. n. 97 del 2016, in attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della L. n. 124 del 2015, come diritto di “chiunque”, non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza, viene riconosciuto e tutelato “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

Non può essere condiviso l’orientamento restrittivo che non è in linea né con il dato testuale normativo né con la ratio dell’istituto dell’accesso civico generalizzato.

Sotto il primo profilo, e alla stregua del prioritario criterio emerneutico letterale, l’accesso civico generalizzato è subordinato esclusivamente alla valutazione circa la sussistenza dei limiti a tutela di interessi pubblici e di interessi privati che supportano l’eventuale rifiuto o delle esclusioni previste dallo stesso legislatore ex art. 5-bis del d.Lgs. 33/2013, poiché non solo non vi è traccia nelle disposizioni normativa del legame tra il diritto di accesso e la situazione soggettiva del richiedente (mentre, “la posizione sostanziale è la causa e il presupposto dell’accesso documentale” Ad. Plen. 2 aprile 2020, n. 10), ma la lettura della disposizione depone proprio in senso opposto. Il comma 2 dell’art. 5 riferisce l’accesso infatti a “chiunque” e il comma 3 dell’art. 5 prevede che “l’esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente” (sul criterio prioritario letterale imposto dall’art. 12 preleggi cfr. Cons. Stato, sez. VII, 1 marzo 2024, n. 1998; Cass. Sez. Unite. 1 giugno 2021, n. 15177; Corte Cost., 6 giugno 2023, n. 110; 18 gennaio 2024, n. 5).

Sotto il secondo profilo, il sindacato sulla meritevolezza della causa in concreto della richiesta rischia di confondere la finalità oggettiva dell’istituto che è volto al “controllo diffuso” e a promuovere la partecipazione democratica al dibattito pubblico e quindi la funzione di garanzia “ulteriore” (e non alternativa) all’accesso documentale, con la finalità soggettiva del richiedente, sovrapponendo due dimensioni diverse.

Peraltro la diffusione nella pratica di tale indagine di “meritevolezza” cui dovrebbe essere subordinata la piena conoscenza di dati e documenti relativi all’esercizio del potere pubblico (e sempreché non siano prevalenti in concreto gli altri interessi pubblici e privati indicati dall’art. 5-bis), oltre che non rispondere al principio di legalità, rischia proprio di tradire sul piano dell’effettività la funzione oggettiva dell’istituto che si ispira a modelli diversi dall’accesso documentale (e all’archetipo, come noto, del Freedom of Information Act –Foia, in cui il diritto a conoscere è parimenti riconosciuto ad “any person”) e che, insieme a quest’ultimo e ad altri strumenti di varia natura, come l’obbligo di pubblicazione, mira a realizzare la trasparenza quale principio fondante lo Stato di diritto mediante una pluralità di istituti che non sono tra loro alternativi, ma semmai cumulativi (Cons. Stato, Ad. Plen. 2 aprile 2020, n. 10).

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sentenza del 2.4.2024, n. 2153 (Pres. P. SEVERINI, Est. G. LO SAPIO).

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