Responsabilità disciplinare del magistrato: il “troppo lavoro eccezionale” non può giustificare il ritardo nel deposito dei provvedimenti

di MANUELA RINALDI[1] – Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza del 25.1.2013 n. 1768

Massima

Ai fini della integrazione dell’illecito (ex art. 2, comma 1, lett. q) D. Lg. 109/2006) non rilevano la sussistenza di scarsa laboriosità oppure di negligenza del magistrato, in quanto si deve piuttosto porre l’attenzione sul dato obiettivo della lesione del diritto delle parti alla durata ragionevole del processo ex art. 111 della Costituzione, comma secondo, nonché all’articolo 6, par. 1, Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Tale lesione è, di per sé, idonea ad incidere anche sul prestigio della funzione giurisdizionale.

Riflessioni sulla mediazione tributaria ex art. 17 bis d.lgs. 576/92

di Alessandra Mei

Premessa – Con D.L. 98/11[1] convertito, con modifiche, dalla L. 111/11, il legislatore ha introdotto l’obbligo in capo al contribuente che intende proporre ricorso alla Autorità Giudiziaria[2] avverso gli atti impugnabili emessi dall’Agenzia delle Entrate aventi un valore non superiore ad € 20.000,00 e notificati successivamente al 1 aprile 2012 di presentare un’istanza di reclamo/mediazione precontenziosa alla Direzione Provinciale che ha emesso l’atto, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica dello stesso, che deve contenere, in quanto anticipatorio del successivo eventuale giudizio, i contenuti formali propri del ricorso e, pertanto, dovrà essere indirizzato alla Commissione Tributaria Provinciale territorialmente competente, contenere i dati anagrafici del contribuente, il C.F. del difensore, la procura, l’elezione di domicilio ove il contribuente intenda ricevere le comunicazioni e i difensori dovranno indicare la PEC; precisare il petitum e la causa petendi, allegare l’atto impugnato e i documenti richiamati nel ricorso.

Impugnazione e decorso del termine breve: il caso dell’estrazione di copia

Allorquando la legge prevede che un determinato effetto sul procedimento, come la provocazione del decorso del termine per l’impugnazione debba essere realizzato in un certo modo, l’individuazione di atti o comportamenti equipollenti dev’essere fatta ricercando se tali atti siano tali non solo sotto il profilo del contenuto, ma anche sotto quello funzionale.

Le problematiche connesse con il nuovo rito per i licenziamenti

di Paolo Spaziani[1] – SOMMARIO:1. Il nuovo rito per i licenziamenti nel sistema dei riti speciali. Struttura, natura e funzione. – 2. Carattere pubblicistico dell’interesse tutelato dal procedimento e conseguenze sul piano ermeneutico. – 3. L’ambito di applicazione. Il regime intertemporale. La rilevanza della domanda ai fini della determinazione del rito. – 4. Le questioni relative alla qualificazione del rapporto e il problema dei limiti oggettivi del giudicato. – 5. Le domande fondate su fatti costitutivi identici a quelli posti a fondamento dell’impugnativa di licenziamento. – 6. Le domande non fondate su fatti costitutivi identici a quelli posti a fondamento dell’impugnativa di licenziamento: a) l’errore assoluto sul rito. – 7. (Segue): b) il cumulo di domande. L’errore relativo sul rito. – 8. (Segue): c) la mancanza di errore sul rito. La contemporanea pendenza dinanzi al medesimo giudice del lavoro di più cause soggette a riti differenti.

Giudice incompetente che pronuncia sentenza di fallimento: no alla nullità, sì alla rimozione degli effetti processuali

In ipotesi di conflitto reale di competenza positivo, ma occorre aggiungere anche in quello negativo, la sentenza di fallimento pronunciata dal giudice dichiarato incompetente non può essere ritenuta nulla, ma ne devono soltanto essere rimossi gli effetti processuali, con la conseguenza che il procedimento prosegue ai sensi dell’art. 50 c.p.c. davanti al tribunale competente.

Le alternative al giudizio e l’economia di mercato, alla luce della sentenza n.272/2012 della Corte Costituzionale

(di Piero Sandulli, Professore Ordinario di Diritto Processuale Civile, Università degli Studi di Teramo) – Sommario:1. Posizione del problema. 2. Il tempo della mediazione. 3. La sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 2012. 4. Lo scenario lasciato dalla decisione della Corte e le sue conseguenze. 5. La cultura della pacificazione. 6. La riforma del processo. 7. Conclusioni.

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