Appello motivato: Firenze spiega parola per parola il nuovo art. 342 c.p.c. ed indica le guide-lines

Il legislatore della novella (L. 134/2012) ha eliminato ogni riferimento alla “esposizione sommaria dei fatti” e ai “motivi specifici”, statuendo che l’appello deve contenere le indicazioni prescritte dall’art. 163 c.p.c. , deve essere motivato e deve indicare, nella motivazione, a pena di inammissibilità, le parti del provvedimento che si intende appellare nonché le modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado e le circostanze da cui deriva la violazione della legge nonché della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. La “indicazione delle parti del provvedimento” che si vuole impugnare, come osservato in dottrina, implica la necessità di specificare espressamente i capi (o sottocapi autonomi) oggetto di censura, anche al fine di sceverare quelli passati in giudicato ex art. 329, comma 2, c.p.c. L’indicazione delle modifiche richieste alla ricostruzione del fatto, comporta, poi, l’onere dell’appellante di operare la ricostruzione fattuale che avrebbe dovuto porre in essere il primo giudice, evidenziando le modifiche che dovrebbero essere apportate dal giudice di seconde cure. Con riguardo, infine, all’indicazione “delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata”, come è stato rimarcato, le “circostanze” sono da individuare in quei fattori, di fatto e/o di diritto, che, a parere dell’appellante, hanno determinato l’errore di diritto denunciato. Occorre, inoltre, che l’impugnante descriva il modo in cui quei fattori (rectius, la violazione) abbiano inciso sulla decisione impugnata. Si rende necessario, quindi, per un verso, che l’appellante indichi il contenuto della nuova valutazione richiesta al giudice di secondo grado, e, per altro verso, che l’appellante non si limiti a denunziare una mera erronea interpretazione o applicazione di norme di legge, ma argomenti circa la rilevanza dell’errore di diritto commesso dal giudice di primo grado sulla correttezza della decisione (al fine di consentire al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, con riguardo alle statuizioni impugnate) [Corte di Appello di Firenze, sezione seconda, sentenza del 8.4.2015].

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