Termini ordinatori e termini perentori, differenza

Va confermato che la chiara formulazione degli artt. 153 e 154 c.p.c. e una interpretazione “costituzionalmente orientata” anche di tali norme nel rispetto della “ragionevole durata” del processo, portano a sostenere che la differenza tra termini “ordinatori” e termini “perentori” risieda nella prorogabilità o meno dei primi, perchè mentre i termini perentori non possono in alcun caso “essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti” (art. 153 c.p.c.), in relazione ai termini ordinatori è consentito, di contro, al giudice la loro abbreviazione o proroga, finanche d’ufficio, sempre però “prima della scadenza” (art. 154 c.p.c.). Pertanto, una volta scaduto il termine ordinatorio senza che sia stata richiesta e ottenuta una proroga -come è avvenuto nella fattispecie in esame- si determinano, per il venir meno del potere di compiere l’atto, conseguenze analoghe a quelle ricollegabili al decorso del termine perentorio.

Tribunale di Bari, sentenza del 17.11.2020

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