Tendenziale rispetto dei precedenti giurisprudenziali è condizione essenziale dell’autorevolezza della decisione. Revirement possibile, ma servono ragioni di particolare cogenza. Così dice la Corte Costituzionale.
Il tendenziale rispetto dei propri precedenti – unitamente alla coerenza dell’interpretazione con il testo delle norme interpretate e alla persuasività delle motivazioni – è, per le giurisdizioni superiori, condizione essenziale dell’autorevolezza delle loro decisioni, assicurando che i criteri di giudizio utilizzati restino almeno relativamente stabili nel tempo, e non mutino costantemente in relazione alla variabile composizione della corte.
Ciò vale anche, e forse in speciale misura, per il giudice costituzionale: le cui decisioni hanno una naturale vocazione a orientare la prassi operativa delle istituzioni della Repubblica, creando ragionevoli affidamenti su ciò che a ciascuna di esse è consentito in forza delle previsioni costituzionali. In particolare, il potere legislativo deve essere posto in condizioni di ragionevolmente prevedere se le proprie scelte saranno ritenute conformi alla Costituzione, ovvero siano verosimilmente destinate a essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
Ogni revirement scuote gli affidamenti che la precedente giurisprudenza ha creato. Soprattutto a fronte di una giurisprudenza costante e risalente nel tempo, alla quale il legislatore si è nel frattempo conformato, occorrono perciò – per giustificare un suo mutamento – ragioni di particolare cogenza che rendano non più sostenibili le soluzioni precedentemente adottate: ad esempio, l’inconciliabilità dei precedenti con il successivo sviluppo della stessa giurisprudenza di questa Corte o di quella delle Corti europee; il mutato contesto sociale o ordinamentale nel quale si colloca la nuova decisione o – comunque – il sopravvenire di circostanze, di natura fattuale o normativa, non considerate in precedenza; la maturata consapevolezza sulle conseguenze indesiderabili prodotte dalla giurisprudenza pregressa