Nemmeno la c.t.u. percipiente può colmare le lacune dell’attività probatoria delle parti

Le parti non possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente neppure nel caso di consulenza tecnica d’ufficio cosiddetta percipiente, che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l’accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti, nell’insufficienza dei quali, quindi, non può procedersi all’espletamento di c.t.u. [Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 7.10.2013, n. 22824]. Scarica ..........

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