Giurisprudenza dopo correttivo Cartabia: precisazioni sugli effetti retroattivi e prime considerazioni sul nuovo precetto
A differenza di quanto avviene con la c.d. dichiarazione anomala (ossia l’elezione di domicilio priva di collegamenti con il luogo della possibile esecuzione, che non è una facoltà del creditore, ma una violazione del precetto normativo, contestabile dal debitore), “l’omessa dichiarazione di residenza o elezione di domicilio non costituisce una difformità dell’atto dal modello individuato dal precetto normativo, ma una facoltà del creditore intimante, ed è una situazione espressamente regolata dalla legge, che ne fa conseguire la competenza del giudice del luogo di notifica del precetto per l’opposizione preventiva (nonché la possibilità di notificare l’opposizione presso la Cancelleria di quest’ultimo giudice, senza alterare la parità processuale tra le parti).
Ebbene, nel caso in esame, il precetto non contiene alcuna dichiarazione di residenza o elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione, sicché il giudice competente è quello del luogo in cui è stata effettuata la notificazione.
Essendo la notificazione avvenuta a mezzo posta elettronica certificata presso il domicilio digitale del debitore, come risultante dai pubblici registri, deve ritenersi che il luogo della notificazione, agli effetti di legge, coincida con il luogo fisico corrispondente alla residenza anagrafica del destinatario (ove si tratti di persona fisica), o con la sede legale (ove si tratti di persona giuridica).
Sicché, essendo il destinatario residente in Palermo, il domicilio digitale dell’opponente si collega funzionalmente a tale luogo fisico, che deve dunque considerarsi il luogo della notificazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 480, comma 3, c.p.c..
Ne consegue che va dichiarata la competenza territoriale del Tribunale di Palermo.
Per mera completezza, giova osservare che non muta tale conclusione la recente modifica dell’art. 480, comma 3, c.p.c., avvenuta in forza dell’art. 3, comma 7, lett.
c), del D.Lgs. 31.10.2024, n. 164.
La nuova formulazione adesso stabilisce che “Il precetto deve inoltre contenere l’indicazione del giudice competente per l’esecuzione e, se è sottoscritto dalla parte
personalmente, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice oppure l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o l’elezione di un domicilio digitale speciale. In mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso, salvo quanto previsto dall’articolo 149-bis”.
La disciplina transitoria, contenuta nell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto legislativo, stabilisce in via generale che le modifiche introdotte si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28.02.2023, “ove non diversamente previsto”.
Ciò nonostante, una lettura sistematica e costituzionalmente orientata di tale disciplina impone di ritenere che l’applicazione delle nuove regole debba avvenire nei limiti della compatibilità con il momento di formazione degli atti su cui esse incidono.
Pretendere l’applicazione retroattiva dei nuovi requisiti formali ad atti già perfezionati prima dell’entrata in vigore della riforma significherebbe, infatti, imporre il rispetto di obblighi che all’epoca non esistevano, con evidente violazione dei principi di legalità, certezza del diritto e tutela dell’affidamento, che devono sempre guidare l’interprete.
Questa osservazione non riguarda soltanto la struttura formale dell’atto di precetto e le sue prescrizioni di contenuto, ma si estende anche agli effetti processuali che da esso derivano, in particolare alla determinazione del foro competente, che, nel sistema delineato dall’art. 480, comma 3, c.p.c., dipende direttamente dalle scelte effettuate dal creditore nell’atto stesso.
Infatti, è proprio la dichiarazione — o la mancata dichiarazione — della residenza o del domicilio a determinare ex lege la competenza territoriale per l’opposizione.
Alterare retroattivamente questa dinamica significherebbe incidere su effetti già prodottisi.
Per converso, l’applicazione indiscriminata della nuova disciplina anche agli atti formati prima della sua entrata in vigore produrrebbe esiti irragionevoli e sistematicamente inaccettabili.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui il creditore — nel pieno rispetto della disciplina vigente al momento della notifica del precetto — abbia dichiarato la residenza o eletto domicilio, senza tuttavia indicare espressamente il giudice dell’esecuzione
(elemento non richiesto prima della modifica normativa). In questo caso la competenza si radicherebbe comunque presso il giudice del luogo di notificazione, solo perché il precetto non contiene l’indicazione del giudice competente per l’esecuzione (requisito introdotto solo con la riforma introdotta dal D.lgs. n. 164/2024).
Nel caso di specie, peraltro, che anche l’atto di citazione in opposizione al precetto risulta notificato in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, e dunque prima che la modifica dell’art. 480, comma 3, c.p.c. dispiegasse i propri effetti nell’ordinamento.
Tale circostanza impone, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., di individuare la competenza in base alla normativa vigente al momento della proposizione della domanda.
In ogni caso, anche qualora si ritenesse applicabile la nuova formulazione dell’art. 480, comma 3, c.p.c., la conclusione non muterebbe, atteso che il precetto in questione non reca l’indicazione del giudice competente per l’esecuzione (elemento ora espressamente richiesto dalla nuova norma), sicché la competenza sarebbe comunque radicata presso il giudice del luogo di notificazione, e quindi il Tribunale di Palermo.