Rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto e giudicato: la questione torna alle Sezioni Unite.

Deve ritenersi che l’affermazione – trasparente dalla sentenza n. 14828 del 2012 delle Sezioni unite – secondo la quale, nel caso in cui sia rilevata d’ufficio la questione di nullità del contratto, la decisione su di essa non da luogo a giudicato se non su esplicita richiesta delle parti, non pare conciliabile con l’asserzione in virtù della quale, ove la questione di nullità non sia sollevata, la decisione sulla risoluzione è idonea a determinare la formazione di un giudicato implicito sulla “non nullità” del contratto stesso. Infatti, la prima affermazione implica che si tratti di questione pregiudiziale non in senso logico, ma in senso tecnico (alla quale si rivolge l’art. 34 c.p.c.), suscettibile di accertamento solo “incidenter tantum” in mancanza di domanda di parte, cosicché sarebbe inidonea a comportare la formazione di un giudicato implicito, il quale presuppone una pregiudizialità in senso logico. Al riguardo costituisce principio pacifico che, in tema di questioni pregiudiziali, occorre distinguere quelle che sono tali soltanto in senso logico, in quanto investono circostanze che rientrano nel fatto costitutivo del diritto dedotto in causa e devono essere necessariamente decise “incidenter tantum”, e questioni pregiudiziali in senso tecnico, che concernono circostanze distinte ed indipendenti dal detto fatto costitutivo, del quale, tuttavia, rappresentano un presupposto giuridico, e che possono dar luogo ad un giudizio autonomo, con la conseguenza che la formazione della cosa giudicata sulla pregiudiziale in senso tecnico può aversi, unitamente a quella sul diritto dedotto in lite, solo in presenza di espressa domanda di parte di soluzione della questione stessa.

 

Si ritiene di non poter pienamente condividere il principio di diritto (e le relative motivazioni a sostegno) della sentenza delle Sezioni unite n. 14828 del 4 settembre 2012, nella parte in cui, per un verso, si afferma che, poiché la risoluzione contrattuale è coerente solo con l’esistenza di un contratto valido, il giudice di merito, investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere-dovere, previa provocazione del contraddittorio sulla questione, di rilevare ogni forma di nullità del contratto stesso (salvo che non sia soggetta a regime speciale) e, per altro verso, si asserisce che il medesimo giudice di merito accerta la nullità “incidenter tantum” senza effetto di giudicato, a meno che non sia proposta la relativa domanda, pervenendosi, tuttavia, alla conclusione che il giudicato implicito sulla validità del contratto si forma tutte le volte in cui la causa relativa alla risoluzione sia stata decisa nel merito (e ciò deve ritenersi si verrebbe a verificare – anche nell’ipotesi come quella specificamente ricorrente nella controversia oggetto del ricorso in esame – di suo rigetto per effetto della ritenuta “ragione più liquida”, ovvero in virtù dell’esclusivo esame di una questione assorbente idonea, da sola, a sorreggere la decisione del giudice adito, che non abbia richiesto alcuna valutazione – nemmeno meramente incidentale – sulle questioni concernenti l’esistenza e la validità del contratto stesso). [Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza del 3.7.2013, n. 16630 con nota di PERROTTA].

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 Scarica qui l’annotazione di Giulio PERROTTA >>

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