PCT, opposizione a precetto basata su inconsistente doglianza di rito in tema di processo civile telematico: condanna per responsabilità processuale di oltre 4.000 Euro.

In caso di opposizione a precetto che lamenti, ex art. 617 c.p.c., la nullità dell’atto di precetto perché privo di sottoscrizione – evidenziando l’opponente come il precetto notificatogli riporti in calce la stampa dei nomi dei legali di controparte, ma risulti privo della loro sottoscrizione ed evincendo la circostanza che l’atto non sia nativo digitale, ma redatto in forma cartacea e poi scansionato, dall’allegazione di attestazione di conformità della copia notificata all’originale cartaceo – va affermato, trattandosi in realtà di un atto redatto e sottoscritto digitalmente (in particolare con un’estensione pdf.p7m con firma in formato cades) con solo per errore allegata un’errata attestazione di conformità (trattandosi, in effetti, di notifica dello stesso originale), quanto segue: è destituita di fondamento l’affermazione secondo cui l’originale dell’atto di precetto da cui si è ricavato la scansione (“copia fotoriprodotta conforme all’originale da cui è stata estratta”) sia privo di firma dell’avvocato, apparendo evidente come l’atto prodotto dall’opponente non sia copia informatica di documento analogico ex art. 22 CAD, ma documento informatico sottoscritto con firma elettronica ex art. 21 CAD. Risulta quindi evidente come l’attestazione di conformità di cui all’art. 18 quarto comma del DM 44/2011 sia stata allegata per mero – e riconoscibilissimo – errore. Ciò posto, l’inconsistenza giuridica dell’opposizione ben avrebbe potuto essere apprezzata da parte dell’opponente con l’uso dell’ordinaria diligenza, ragione per la quale deve trovare accoglimento la domanda di parte opposta di condanna della controparte ex art. 96 terzo comma c.p.c.

 L’art. 96 comma III c.p.c. in tema di responsabilità processuale risponde ad una funzione sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del proprio diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, contribuendo così ad aggravare il volume (già di per sé notoriamente eccessivo) del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti (nel caso di specie, relativo ad opposizione a precetto – condannata parte opponente a rimborsare a parte opposta le spese di lite, liquidate in € 4.151,00 – in ragione dell’inconsistenza giuridica dell’opposizione, che ben avrebbe potuto essere apprezzata dall’opponente con l’uso dell’ordinaria diligenza, lo stesso è stato condannato altresì al pagamento a favore della controparte di una somma equitativamente determinata in euro 4.151,00 ex art. 96 terzo comma c.p.c.).

 In tema di PCT (processo civile telematico), anche nell’ipotesi paradossale di un atto scritto al pc, stampato, non firmato, scansionato, sottoscritto digitalmente e solo così trasmesso, l’apposizione della firma digitale su un atto, anche così curiosamente confezionato, costituirebbe comunque sottoscrizione dello stesso, avendo evidentemente la firma digitale l’effetto di fare proprio il contenuto del documento, comunque formato. Tanto più in relazione ad un atto esterno al processo come il precetto.

 

 

Tribunale di  Milano, sentenza del 21.5.2018, n. 5681

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